Signore mio scanza a mme e a chi coglie.
Letteralmente: Signore mio fa salvo me e chiunque possa venir colto.
E' la locuzione invocazione rivolta a Dio quando ci si trovi davanti ad una situazione nella quale si corra il pericolo di finire sotto i colpi imprecisi e maldestri di qualcuno che si stia cimentando in operazioni non supportate da perizia.
Campania
|
'O pizzo cchiù scuro è 'o fuculare.
Letteralmente: il posto più oscuro è il focolare.Espressione che viene pronunciata,con tono dispiaciuto, per solito dal capo di casa che nel rientrare a sera non trovi il pranzo pronto e non veda neppure che ci siano i prodromi della preparazione del desinare.
Campania
|
'O piezzo cchiù gruosso à dda essere 'a recchia.
Letteralmente: il pezzo più grande deve essere l'orecchio.
Iperbolica minaccia che un tempo veniva rivolta soprattutto ai ragazzini chiassosi e/o facinorosi cui si promettevano inenarrabili percosse tali da ridurli in pezzi di cui il più grande avrebbe dovuto essere l'orecchio.
Campania
|
Essere 'na guallera cu 'e filosce.
Letteralmente: essere un'ernia corredata di frittate d'uova. Icastica offensiva espressione con cui si denota una persona molle ed imbelle dal carattere debole quasi si tratti di una molle pendula ernia a cui siano attaccate, per maggior disdoro delle ugualmente molli e spugnose frittatine d'uova.
Campania
|
Mettere a uno 'ncopp' a 'nu puorco.
Letteralmente: mettere uno a cavallo di un porco. Id est: sparlar di uno, spettegolarne, additarlo al ludibrio degli altri, come avveniva anticamente quando al popolino era consentito condurre alla gogna il condannato trasportandolo a dorso di maiale affinché venisse notato da tutti e fatto segno di ingiurie e contumelie.
Campania
|
Oramaje ha appiso 'e fierre a sant' Aloja.
Letteralmente: ormai ha appeso i ferri a sant'Eligio. Id est: ormai non ha più velleità sessuali,(ha raggiunto l'età della senescenza ...)Il sant'Aloja della locuzione è sant'Eligio (in francese Alois) al mercato, basilica napoletana dove i cocchieri di piazza andavano ad appendere i ferri dei cavalli che, per raggiunti limiti di età, smettevano di lavorare. Da questa consuetudine, il proverbio ammiccante nei confronti degli anziani.
Campania
|
Si me metto a ffà cappielle, nascéno criature senza capa.
Letteralmente: se mi metto a confezionare cappelli nascono bimbi senza testa. Iperbolica amara considerazione fatta a Napoli da chi si ritenga titolare di una sfortuna macroscopica.
Campania
|
A - Nun fa pérete a chi tène culo. B - Nun dà ponie a chi tène mane.
I due proverbi in epigrafe, in fondo con parole diverse mirano allo stesso scopo: a consigliare cioè colui a cui vengon rivolti di porre parecchia attenzione al proprio operato per non incorrere - secondo un noto principio fisico - in una reazione uguale e contraria che certamente si verificherà; nel caso sub A, infatti è facile attendersi una salve di peti da parte di colui che, provvisto di sedere, sia stato fatto oggetto di una medesima salve. Nel caso sub B, chi ha colpito con pugni qualcuno si attenda pure la medesima reazione se il colpito è provvisto di mani.
Campania
|
'A sciotra 'e Cazzetta: iette a piscià e se ne cadette.
Letteralmente: la cattiva fortuna di Cazzetta che si dispose a mingere e perse per caduta l'organo deputato alla bisogna. Iperbolica locuzione costruita dal popolo napoletano intorno ad un fantomatico Cazzetta ritenuto così sfortunato da non potersi permettere le più elementari funzioni fisiologiche senza incorrere in danni incommensurabii. La locuzione è l'amaro commento fatto da chi veda le proprie opere non produrre gli sperati risultati positivi, ma al contrario negatività non prevedibili.
Campania
|
Quanno chiovono passe e ficusecche.
Letteralmente: quando cadono dal cielo uva passita e fichi secchi. Id est: mai. La locuzione viene usata quale risposta dispettosa a chi chiedesse quando si potrebbe verificare un accadimento ritenuto invece dalla maggioranza irrealizzabile.
Campania
|