|
I proverbi della regione Campania
Trovati 1192 - Visualizzati 10 (da 51 a 60)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65
66
67
68
69
70
71
72
73
74
75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87
88
89
90
91
92
93
94
95
96
97
98
99
100
101
102
103
104
105
106
107
108
109
110
111
112
113
114
115
116
117
118
119
120
'E pperete re mmonache addorano 'e gienze.
I peti delle suore odorano di incenso. Questo per intendere che i giudizi non sono uguali per tutti, infatti se un'azione esecrabile viene effettuata da persona di un certo lignaggio viene non solo accettata ma anche giustificata, mentre per il poveraccio la condanna è sempre certa.
Campania
|
Stammo a ll'evera.
Letteralmente: stiamo all'erba. Id est: siamo in miseria, siamo alla fine, non c'è più niente da fare. L'erba della locuzione con l'erba propriamente detta c'entra solo per il colore; in effetti la locuzione, anche se in maniera più estensiva, richiama quasi il toscano: siamo al verde dove il verde era il colore con cui erano tinte alla base le candele usate nei pubblici incanti: quando, consumandosi, la candela giungeva al verde, significava che s'era giunti alla fine dell'asta e occorreva tentare di far qualcosa se si voleva raggiunger lo scopo dell'acquisto del bene messo all'incanto; dopo sarebbe stato troppo tardi.
stammo = stiamo, siamo, ci troviamo voce verbale (1° pers. plr. ind. pres.) dell’infinito stare/stà vedi sub 1.
evera o evra= erba, ogni pianta bassa il cui fusto rimane verde e tenero, senza diventare legnoso; l’etimo delle voci napoletane sono dal latino *hebra(m)>hevra metatesi di herba(m) con aferesi popolare dell’aspirata iniziale h intesa pleonastica ed inutile , mentre per evera con medesimo etimo si è avuto l’anaptissi (dal gr. anáptyxis 'spiegamento, apertura': inserzione di una vocale eufonica in un gruppo consonantico; epentesi vocalica) di una e semimuta.
Campania
|
Tené ‘o pere a ll’evera
A margine della voce evera/erva segnalo una ulteriore espressione partenopea che suona: tené o avé ‘o piere a ll’evera e letteralmente è : tenere o avere il piede all’erba nel significato di avere l’occasione adatta, propizia, avere il destro (per poter fare ciò che si vuole).
Devo sùbito precisare che così come espressa in napoletano, in nessun modo essa potrebbe signifare ciò che nell’inteso comune l’espressione si pensa significhi atteso che non v’à nessun collegamento possibile tra l’erba ed una occasione propizia; in effetti mantenendo il significato di avere l’occasione adatta, propizia, avere il destro (per poter fare ciò che si vuole). l’esatta espressione napoletana che la illustra è: tené o avé ‘o piere ‘a llepera id est letteralmente: tenere o avere il piede da lepre (quell’arto cioè affrancato e veloce, atto all’azione libera); intesa così con riferimento alla lepre (e non all’erba!) ecco che l’espressione rende veramente il significato attribuitole ; purtroppo spesso nella tradizione orale di talune antiche espressioni, queste vengon malamente riportate lasciandosi fuorviare da gustose assonanze quali,nella fattispecie: evera/lepera; faccio notare come nell’errata espressione tené o avé ‘o piero a ll’evera la a che precede ll’evera è la preposizione semplice a che con derivazione dal lat. ad esprime una relazione di termine o di destinazione, il punto di arrivo di un'azione, mentre nella corretta tené o avé ‘o piero ‘a llepera la ‘a che precede llepera non è l’articolo determinativo ‘a(la),
ma la forma aferizzata ‘a della preposizione semplice da che con etimo dal lat. de ab esprime allontanamento, separazione nei valori di moto da luogo, origine, agente ecc.; mentre dal lat. de ad è unita a verbi nei valori di moto a luogo, stato in luogo, destinazione, finale; oppure è unita a sostantivi in espressioni modali (è il nostro caso!), ecc
piere= piede ed estensivamente zampa d’animale di mobile etc. sost. masch. dal lat. pede(m) con dittongazione popolare della sillaba d’avvio e tipica rotacizzazione mediterranea d/r;
lèpera = lepre mammifero lagomorfo con lunghe orecchie, grandi occhi, mantello grigio-bruno, lunghe zampe posteriori, coda corta; di indole timida, con abitudini prevalentemente notturne, velocissima nella corsa e ottima saltatrice, dotata di udito, olfatto e vista eccellenti, è cacciata per le sue carni pregiate sost. femm. con etimo dal lat volgare *lepera(m) per il class. lepore(m).
Campania
|
Ogni legne tene 'o fumme suoie.
Ciascun tipo di legno produce fumo con proprie caratteristiche. Ciò ad indicare che non siamo tutti uguali.
Campania
|
E dalle e ddalle 'o cucuzziello addeventa tallo
E insisti, insisti la zucchina marcisce o si impoverisce e lascia solo le foglie.
Come in una pianta di zucchine, se non se ne raccolgono per tempo i frutti ,oppure per converso se se ne raccolgono troppo reiteratamente i frutti o marcisce o lascia solo le foglie, che anche se commestibili, ànno poco gusto, cosí chi insiste in una richiesta o persevera (in una discussione) nel battere il medesimo tasto, può compromettere o la richiesta o il raggiungimento di uno scopo.
dalle e ddalle lett. è dagli e dagli, insisti ed insisti voce verbale (2° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito dare/dà con agglutinazione in posizione enclitica del pron. le=gli;
cucuzziello= zucchina sost. neutro con etimo dal tardo lat. cucutia(m) + il suff. dim. iello;
addeventa = diventa voce verbale (3° pers. sing. ind. pres.) dell’infinito addeventà=diventare con etimo dal lat. volg. ad + *deventare, (forma intens. del lat. devenire; cfr. divenire).
tallo= tallo, infiorescenza tenera di taluni vegetali con etimo dal lat. thallu(m), dal gr. thallós 'germoglio', deriv. di thállein 'fiorire'
raffaele bracale
Campania
|
Campà annascuso da ‘o Pataterno.
Ad litteram: Vivere nascondendosi all’Eterno Padre; id est: vivere non dando contezza di sè nemmeno al Cielo, quasi di soppiatto, clandestinamente se non addirittura a dispetto ed in barba di tutti gli altri.A Napoli la locuzione è usata quando si voglia dare ad intendere che sia impossibile conoscere da cosa o chi taluno tragga i propri mezzi di sostentamento, posto che il suo tenore di vita eccede le di lui conclamate possibilità economiche
Campania
|
Cadé ‘a copp’ô père ‘e putrusino.
Ad litteram: cadere dalla pianta di prezzemolo; id est ammalarsi , anche se di affezioni non importanti, ma reiterate; la locuzione è usata soprattutto per commentare lo stato di malferma salute delle persone anziane che son solite ammalarsi di piccole affezioni che, se per la loro non eccessiva virulenza e/o importanza, non destano particolari preoccupazioni, pur tuttavia son di gran fastidio per gli anziani che subiscono tali affezioni paragonate nella locuzione in epigrafe alle cadute da una pianta di prezzemolo, cadute che poiché avvengono da una pianta molto bassa non son pericolose, anche se - altrove si consiglia di evitare cadute vasce (cadute basse) in quanto pericolose.
Campania
|
Caccià ‘e ccarte
Ad litteram: tirar fuori le carte Non si tratta però, chiaramente di tra fuori da un cassetto le 40 carte di cui è formato il mazzo napoletano di carte da giuoco per principiare una partita.
Si tratta, invece, di procurarsi le necessarie documentazioni burocratiche per avviare una certa pratica o per portarla a compimento.In particolare la locuzione in epigrafe è usata dai promessi sposi che, intendendo contrarre il loro matrimonio, devono sobbarcarsi all’impresa di procurarsi presso uffici pubblici e/o luoghi di culto le prescritte documentazioni, dette in maniera onnicomprensiva: carte, senza le quali, non è possibile pervenire alla celebrazione delle nozze. Va da sè che quasi tutti i negozi giuridici necessitano di ineludibili carte da procacciare e ciò à dato modo a taluni napoletani, disperatamente senza lavoro, di inventarsi un mestiere: quello di procacciatore di carte; questo utilissimo individuo, per poche lire si accolla l’onere di fare lunghissime file davanti agli sportelli degli uffici dell’anagrafe pubblica, o si accolla la fatica di raggiungere posti lontani e impervi da raggiungere per procurare al richiedente le carte necessarie.
Campania
|
Nun vulé fà carte
Ad litteram: Non volere distribuire le carte
La locuzione ovviamente va al di là del suo mero significato letterario e non si riferisce ad un ipotetico giocatore di carte che, giunto il suo turno, si rifiuti di distribuire le carte, pretendendo, senza validi motivi, che lo facciano altri in sua vece; in realtà l’espressione pur riallacciandosi a quell’ ipotetico giocatore scansafatiche, si usa piú estensivamente nei confronti di chi, privo di coraggio e/o personalità, si rifiuti di prender coscienza di una realtà ineludibile o non voglia addivenire a comportamenti che implichino responsabilità da prendere e portare innanzi come ad un dipresso farebbe un ipotetico giocatore di carte ( forse scopone o tressette) che rifiutandosi di fare (distribuire) carte tentasse di procrastinare lo scontro, cercando di eludere la realtà e tentando di non mettersi in giuoco per non assumersi eventuali responsabilità.
vulé = volere voce verbale infinito derivato dal Lat. volg. *volìre, per il class. velle, ricostruito sul tema del pres. volo e del perfetto volui, con tipica chiusura della sillaba iniziale vo<vu;
fà = fare ( termine generico usato in luogo di significazioni piú precise e/o esatte) voce verbale infinito con etimo dal lat. fa(ce)re;
carte sost. femm. plur. di carta materiale ottenuto dall'opportuna lavorazione di fibre cellulosiche, che si presenta in forma di fogli sottili e pieghevoli, adatti a vari usi; il foglio stesso così ottenuto: carta da scrivere, da disegno, igienica, assorbente, copiativa, oleata, vetrata, da imballaggio, da lettere, da parati etc. ma qui la voce a margine indica propriamente le carte da giuoco (rettangoli di cartoncini variamente illustrati e colorati usati per varî giochi); l’etimo di carta è dal lat. charta(m) 'foglio di carta di papiro', dal gr. chártìs.
raffaele bracale 11/6/07
Campania
|
U saziu nun crede a u diuno.
Chi è sazio non crede a chi è digiuno.
Campania
|
|
|
|