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I proverbi della regione Campania
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Accurtà ‘e passe a quaccheduno.
Ad litteram: accorciare (ridurre) i passi a qualcuno; id est: ridimensionare i movimenti di qualcuno al fine di impedirgli di procedere oltre; detto soprattutto di chi - mostratosi troppo supponente - si stia comportando conseguentemente con boria e vacua baldanza; ebbene è buona norma che costui venga ridimensionato, con parole ed atti, perché comprenda quali sono i limiti nei quali deve muoversi e non li ecceda.
Campania
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A carocchie* a carocchie Pulecenella accerette 'a mugliera.
Pulcinella uccise la moglie con ripetuti colpi di noccula o nocchino id est:continui piccoli danni possono provocare grave nocumento.
*carocchia = colpo assestato sul capo con le giunture delle dita piegate a martello; da un ant. lat. med.: carocla
Campania
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Appujà ‘a libbarda.
Ad litteram: appoggiare l’alabarda. Id est: scroccare, profittare a spese altrui. Locuzione antichissima risalente addirittura al periodo viceregnale (XVI sec.), ma che viene tuttora usata quando si voglia commentare il violento atteggiamento di chi vuole scroccare qualcosa o, più genericamente, intende profittare di una situazione per conseguire risultati favorevoli, ma non espressamente previsti per lui. Temporibus illis i soldati spagnoli erano usi aggirarsi all’ora dei pasti per le strade della città di Napoli e fermandosi presso gli usci là dove annusavano odore di cibarie approntate, lì poggiavano la propria alabarda volendo significare con detto gesto di aver conquistato la posizione; entravano allora nelle case e si accomodavano a tavola per consumare a scrocco i pasti.
Campania
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Avutà fuoglio...
Ad litteram: girare il foglio ovverossia: mutare argomento, cambiare discorso, soprattutto quando lo si faccia repentinamente acclarata la impossibilità di sostenere più oltre le proprie argomentazioni chiaramente prive di forza e vuote di corposo sostrato dialettico.
Campania
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Ô tiempo d’’e cazune a teròcciole.
Ad litteram: Al tempo dei calzoni con le carrucole. Espressione con la quale si vuol significare che si sta richiamando alla memoria tempi lontani, anzi remoti quali quelli in cui le braghe erano sorrette da grosse bretelle di cuoio, regolate da piccole carrucole metalliche.
Campania
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Addurà ‘o fieto ‘o miccio.
Ad litteram: annusare il puzzo del lucignolo o meglio annusare il puzzo della miccia, id est: fiutare un pericolo.
Con la parola miccio, in napoletano si indica sia il lucignolo della candela che la miccia di un ordigno e nella fattispecie è questa seconda valenza che bisogna considerare giacché l’espressione nel suo significato nascosto sta per: fiutare un pericolo, accorgersi dell’approssimarsi di un danno; orbene il lucignolo della candela puzza quando da acceso diventi spento, ma allora non è foriero di alcun pericolo, mentre la miccia di un ordigno quando è accesa e sprigiona un suo greve olezzo, allora prospetta un prossimo, pericoloso scoppio.
Campania
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Addó vede e addó ceca.
Ad litteram: dove vede e dove non vede(mostrandosi quasi cieco).
Espressione che, per solito, viene riferita a caustico commento delle azioni di taluni individui proclivi ai facili entusiasmi e ad immotivate antipatie in forza dei quali esprimono giudizi e/o sentenze tali da o elevar agli onori degli altari i giudicati o, viceversa ridurli nella polvere.
Il più famoso a Napoli esponente storico di questa categoria di persone fu il filosofo don Benedetto Croce di cui ancóra oggi si dice che dove vedeva e dove cecava e che, a mo’ d’esempio, se da un lato, elevò alla gloria Salvatore Di Giacomo, facendone, a suo dire, il massimo poeta partenopeo, d’altro canto, immotivatamente stroncò Ferdinando Russo, né mai rivide il suo pensiero malato di malevola partigianeria, che tanto più è deleteria, quanto più è altisonante il nome del soggetto da cui promana.
Campania
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Avimmo perduto a Felippo e ô panaro.
Ad litteram: abbiamo perduto Filippo e la cesta. Id est: ci abbiamo rimesso tutto: il capitale e gli interessi.
Amara locuzione usata per dolersi di accadimenti irreversibilmente negativi usata solo dalle persone anziane, ancóra perdura nel parlato comune rammenta una non meglio identificata farsa pulcinellesca di Antonio Petito nella quale un tal Pancrazio aveva affidato al suo servo Filippo una cesta di cibarie , perché la portasse a casa, ma l'infido servo, riuniti altri suoi pari, si diede a gozzovigliare facendo man bassa delle cibarie contenute nella cesta e, temendo poi le reazioni del padrone, evitò di tornare a casa lasciando il povero Pancrazio a dolersi del fatto con la frase in epigrafe.
Campania
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Aggiu visto 'a morte cu ll' uocchie.
Ad litteram: Ho visto la morte con gli occhi Con questa tautologica locuzione si esprime chi voglia portare a conoscenza degli altri di aver corso un serio, grave pericolo tale d’averlo portato ad un passo dalla morte, vista da molto vicino e di esserne venuto fortunatamente fuori, tanto da poterlo raccontare.
Campania
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Aizarse ‘nu cummò.
Ad litteram: caricarsi addosso un canterano; detto di chi abbia impalmato una donna anziana, non avvenente e, a maggior disdoro, priva di congrua dote. Si ritiene che chi abbia fatto un simile matrimonio, abbia compiuto o stia compiendo uno sforzo simile a quello che facevano quei facchini addetti a trasporti in ispecie di masserizie, facchini che sollevavano e si ponevano sulle spalle pesanti cassettoni di legno massello,addirittura sormontati da pesanti lastre di marmo.
Campania
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