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I proverbi della regione Campania
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A ccane furastiere, nun ce arrefonnere tozzole.
Ad litteram: Con i cani forestieri, non rimetterci tozzi di pane.
In barba al connaturato spirito di accoglienza, tipico delle popolazioni meridionali, il proverbio consiglia di non esser troppo di manica larga con gli stranieri ai quali andrebbero negati persino i tozzi di pane!
Campania
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Arrivà a vangelo avutato.
Ad litteram: arrivare a vangelo voltato (id est: letto)
Un tempo quando ancora la S. Messa era celebrata in latino, il messale per la celebrazione della liturgia era collocato inizialmente alla ds. del celebrante, in cornu epistolae; dopo la lectio dell'epistola il chierichetto provvedeva a spostare sulla sn, in cornu evangelii il messale, posizionandolo per la lectio del vangelo; questo spostamento popolarescamente era detto: s'è avutato 'o vangelo (si è girato il vangelo) volendo dire che chi si fosse recato ad assistere alla celebrazione della Messa quando il messale si fosse trovato sulla sn. del celebrante, vi giungeva troppo tardi, quasi fuori tempo massimo e non assolveva al precetto domenicale;
per traslato ed estensivamente la locuzione è usata proprio per indicare che qualsiasi cosa la si stia facendo o la si sia fatta fuori tempo massimo è stata fatta inutilmente e va quindi reiterata.
Campania
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Una noce dint' a 'o sacco nun fa rummore.
Ad litteram: una sola noce nel sacco (per quanto agitata)non fa rumore.
Id est: le esigue minoranze non contano nulla e non potendosi fare udire, è quasi impossibile che vengano ascoltate ed ottengano risultati concreti.
Campania
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Quanno se magna se cuntratta cu 'a morte.
Ad litteram: quando si mangia si ha a che fare con la morte.
La norma di buona educazione che vuole che non si debba parlare a bocca piena, trasmigra in un proverbio dove si rammenta che addirittura chi mangia può correre il rischio, qualora parlasse mentre mangia, di soffocare e dunque morire!
Campania
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Fatte accattà 'a chi nun te sape!
Ad litteram: lasciati comprare da chi non ti conosce!
E' l'invito che piccatamente si suole rivolgere a chi pur sapendo che le proprie mire e/o intenzioni ci sono ben note, tenti ugualmente di ingannarci. L'invito vuol significare: rivolgi altrove le tue mire; io so bene con chi sto contrattando e mi troveresti sulle difensive.
Campania
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Farse 'a croce a mana smerza.
Ad litteram: farsi la croce con la mano opposta.
Locuzione che si usa per sottolineare e/o commentare situazioni che sbalordiscono o stupiscono o principiano in modo errato al segno da metterci in difficoltà od indurci in errore tanto da farci segnare con la mano non usata di solito.
Campania
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Quanno siente 'o llatino da 'e fesse, è ssigno 'e mal' annata!
Letteralmente: quando senti che gli sciocchi parlano latino, è segno di un cattivo periodo. Id est: l'ostentazione di una pseudo cultura da parte degli stupidi ed ignoranti, prelude a tempi brutti se non pericolosi, per cui son da temere gli sciocchi che si paludano da sapienti...
Campania
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Jì ascianno piettene 'e quinnece.
Ad litteram: Andare in cerca di pettini di quindici (denti).
Espressione usata quando si voglia indicare una situazione o una faccenda impossibile da raggiungere, o una cosa assurda, inconcepibile; per comprendere la portata dell'espressione bisogna rammentare che i pettini richiamati erano un antico attrezzo usato per la cardatura manuale della lana e simili pettini non contavano mai più di tredici denti; andare in cerca di pettini con quindici denti era cosa inutile quanto impossibile e pretestuosamente vana; ascianno è il gerundio del verbo asciare (cercare con applicazione quasi come farebbe un segugio)dal lat.: adflare =annusare
Campania
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Tant’anne dint’ê saittelle…
E quanno addiviente zoccola!?
Ad litteram: Tanti anni (trascorsi) nelle fogne… e quando diventerai un ratto?
Icastica domanda retorica con la quale ironicamente si suole riferirsi, per bollarlo di inettitudine e/o incapacità, a chi da lunga pezza frequenti luoghi (scuola o bottega) e faccia esperienza,ma mai si decida ad apprendere e/o a mettere in pratica l’appreso, dimostrando così di non occupare proficuamente il tempo dell’apprendimento e di vanificare l’opera degli insegnanti.
La saittella è quella sorta di feritoia che si trova alla base dei marciapiedi, feritoia il cui compito è quello di favorire il deflusso delle acque piovane ed incanalarle nei condotti fognarii che si trovano appena sotto il piano stradale; normalmente i ratti che stazionano nelle fogne usano queste feritoie, che non sono assolutamente protette, ma aperte e libere per sortire ed invadere l’abitato.
Etimologicamente la parola saittella è corruzione del termine toscano saiettiera che era nelle antiche mura, lo spazio tra i merli da cui i difensori potevano tirare con l'arco, la balestra e sim., rimanendo al coperto; tale spazio e la parola che lo indicava è preso a riferimento per la forma di tronco di piramide che è e della saiettiera e della saittella.
Campania
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Caccià* ‘e ccarte.
Ad litteram: tirar fuori le carte.
Non si tratta però, chiaramente di trar fuori da un cassetto le 40 carte di cui è formato il mazzo napoletano di carte da giuoco per principiare una partita.
Si tratta, invece, di procurarsi le necessarie documentazioni burocratiche per avviare una certa pratica o per portarla a compimento.In particolare la locuzione in epigrafe è usata dai promessi sposi che, intendendo contrarre il loro matrimonio, devono sobbarcarsi all’impresa di procurarsi presso uffici pubblici e/o luoghi di culto le prescritte documentazioni, dette in maniera onnicomprensiva: carte, senza le quali, non è possibile pervenire alla celebrazione delle nozze. Va da sè che quasi tutti i negozi giuridici necessitano di ineludibili carte da procacciare e ciò à dato modo a taluni napoletani, disperatamente senza lavoro, di inventarsi un mestiere: quello di procacciatore di carte; questo utilissimo individuo, per poche lire si accolla l’onere di fare lunghissime file davanti agli sportelli degli uffici dell’anagrafe pubblica, o si accolla la fatica di raggiungere posti lontani e impervi da raggiungere per procurare al richiedente le carte necessarie.
*il verbo caccià (dal lat.: captiare) in napoletano significa innanzi tutto: tirar fuori, procurar, sborsare; fig.: espellere, bandire e solo in ultima significazione: andare a caccia.
Campania
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