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I proverbi della regione Campania
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Chi tene 'e mmane 'mpasta, nun mette 'e ddete 'nculo a' gallina.
Ad litteram: chi sta impastando, non mette le dita nel culo della gallina. Il proverbio non adombra una norma igienico - sanitaria, ma vuol significare che chi sta nel mondo degli affari deve tener sempre nascoste le proprie mosse per non appalesare ai concorrenti quali sono le sue intenzioni prossime; non deve comportarsi cioè come la contadina che - tastando il culo alle galline per accertarsi della presenza dell'uovo - dà ingenuamente a vedere a tutti ciò che le sta per accadere.
Campania
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Pare ca mo te veco vestuto 'a urzo.
Letteralmente: Sembra che ora ti vedrò vestito da orso.
Locuzione da intendersi in senso ironico e perciò antifrastico. Id est: Mai ti potrò vedere vestito della pelle dell'orso, giacché tu non ài nè la forza, nè la capacità fisica e/o morale di ammazzare un orso e vestirti della sua pelle.
La frase viene usata a commento delle azioni iniziate da chi sia ritenuto inetto al punto da non poter portare a compimento nulla di ciò che intraprende o che - per conclamata incapacità - impieghi eccessivo tempo nel portare innanzi ciò che abbia intrapreso.
Campania
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Quann'è pe vizzio, nun è peccato!
Letteralmente: Quando dipende da un vizio, non è peccato.
A prima vista parrebbe che la locuzione si ponga agli antipodi della morale cristiana che considera peccato anche i vizi, soprattutto i capitali; ma tenendo presente che il vizzio(correttamente scritto in napoletano con due zete) della locuzione è il vitium latino, ovvero il mero difetto, si comprenderà la reale portata della frase che scusa la cattiva azione generata non per dolo, ma per mero difetto o errore.
Campania
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'Mbarcarse senza viscuotte.
Letteralmente:Imbarcarsi senza biscotti. Id est: agire da sprovveduti, accingersi ad un'operazione, senza disporre dei mezzi necessari o talvolta, senza le occorrenti capacità mentali e/o pratiche. Anticamenti i pescatori che si mettevano in mare per un periodo che poteva durare anche più giorni si cibavano di carni salate, pesci sotto sale e gallette o biscotti, preferiti al pane perché non ammuffivano, ed anche secchi erano sempre edibili ammollati nell'acqua naturalmente marina non ancora inquinata.
Campania
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Fà 'a spina 'e pesce.
Letteralmente: far la spina di pesce. Id est: non portare a compimento un'operazione qualsivoglia, tentando di rimandarne il compimento e la conclusione sine die, tentando in questo modo di riceverne il maggior beneficio possibile, beneficio che verrebbe meno qualora si portasse a compimento l'operazione principiata. La locuzione che vien riferita a chiunque truffaldinamente cerchi di guadagnare attardandosi nel portare a buon fine ciò che ha principiato nacque a ricordo di ciò che avvenne ad un povero pescatore che, lavorando, si ferì ad una mano nella quale s'era conficcata una spina di pesce. Per esser medicato, il pescatore si recò presso la casa di un medico al quale portò in omaggio una spasella (cestello) di pesce fresco. Il medico, operò una sommaria medicazione e congedò il pescatore invitandolo a ritornare dopo un paio di giorni. Il pescatore ritornò dopo alcuni giorni recando altro pesce freschissimo e la scena continuò a ripetersi parecchie volte fino a che un giorno il pescatore non trovò in casa il medico, ma un figliolo di costui che esercitava la medesima professione paterna. Ebbene, il giovane medico resosi conto che la mano non sarebbe guarita fino a che la spina fosse rimasta infissa nella ferita riuscì ad estrarla dalla mano, che medicata fu avviata a guarigione. Tornato a casa il vecchio medico, il giovane figlio, pensando di essere complimentato, gli comunicò che aveva liberato il pescatore della sua maledetta spina. Al che il disonesto genitore lo redarguì violentemente dicendogli: Stupido, comportandoti come ti sei comportato hai perduto il beneficio di ricevere ancora gratuitamente del buonissimo pesce fresco!
Campania
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Si 'e ccorna fossero purtualle, 'a capa toja sarria Palermo!
Ad litteram: Se le corna fossero arance, la tua testa(che ne è molto fornita) sarebbe la città di Palermo.
Icastica e colorita offesa con la quale a Napoli si suole rammentare a taluno i continui tradimenti operati dalla di lui consorte, al segno che qualora le corna fossero arance, la testa del malcapitato cui è diretta l'offesa, sarebbe la città di Palermo, zona in cui si producono estesamente saporitissime e grosse arance.
Campania
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'E ccére se strujeno e 'a prucessione nun cammina!
Letteralmente: le candele si consumano, e la processione non cammina. La locuzione viene usata quando si voglia con dispetto sottolineare una situazione nella quale, invece di affrontare concretamente i problemi, ci si impelaga in discussioni oziose, vani cavilli e dispersive chiacchiere che non portano a nulla di concreto.
Campania
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Chi è nnato p''a forca, nun more pe mare.
Ad litteram: Chi è nato per la forca non morirà per mare. Id est: Non si può sfuggire al proprio destino, così chi è destinato a morire afforcato non perirà diversamente!
Campania
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Tutto pò essere, fora ca ll'ommo prieno!
Tutto può essere, fuorchè l'uomo incinto. La cosa è ancora vera anche se la moderna scienza non ci permette di esserne sicuri... La locuzione viene usata per sottolineare che non ci si deve meravigliare di nulla, essendo, nella visione popolare della vita, una sola cosa impossibile.
prieno aggmasch. scherz. del femm.prena dal lat.: praegnu(m)
Campania
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Chi se mette paura nun se cocca cu 'e ffemmene bbelle!
Letteralmente: chi ha paura, non va a letto con le donne belle. E' l'icastica trasposizione dell'algido toscano: chi non risica, non rosica. Nel napoletano è messo in relazione il comportamento coraggioso, con la possibilità di attingere la bellezza muliebre, che è un gran bel rosicchiare.
Campania
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