'E sciabbule stanno appese e 'e fodere cumbattono.
Letteralmente: le sciabole stanno attaccate al chiodo e i foderi duellano.
L'espressione è usata per sottolineare tutte le situazioni nelle quali chi sarebbe deputato all'azione, per ignavia o cattiva volontà si è fatto da parte lasciando l'azione alle seconde linee, con risultati chiaramente inferiori alle attese.
Campania
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'A taverna d''o trentuno.
Letteralmente: la taverna del trentuno.
Così, a Napoli sogliono, inalberandosi, paragonare la propria casa tutte quelle donne che vedono i propri uomini e la numerosa prole ritornare in casa alle più disparate ore, pretendendo che venga loro servito un pasto caldo. A tali pretese, le donne si ribellano affermando che la casa non è la taverna del trentuno, nota bettola partenopea che prendeva il nome dal civico dove era ubicata, bettola dove si servivano i pasti in modo continuato a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Campania
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'A vacca, pe nun movere 'a coda se facette magnà 'e ppacche da 'e mosche.
Letteralmente: la mucca per non voler muovere la coda, si lasciò mangiare le natiche dalle mosche. Lo si dice degli indolenti e dei pigri che son disposti a subire gravi nocumenti e non muovono un dito per evitarli alla stessa stregua di una vacca che assalita dalle mosche per non sottostare alla fatica di agitare la coda, lasci che le mosche le pizzichino il fondo schiena!
Campania
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Trasì o passà cu 'a scoppola.
Letteralmente: entrare o passare con lo scappellotto. Id est: entrare in teatro o altri luoghi pubblici come musei o pinacoteche o mostre artistiche senza pagare e senza le necessarie credenziali: biglietti o inviti. La locuzione fotografa il benevolo comportamento di taluni custodi che son soliti fare entrare i ragazzi senza pagare il dovuto, spingendoli dentro con un compiacente scappellotto. Per traslato la locuzione si attaglia a tutte quelle situazioni dove gratuitamente si ottengono benefìci per la magnanimità di coloro che invece dovrebbero controllare.
Campania
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Pozza murì 'e truono a chi nun le piace 'o bbuono.
Letteralmente: possa morire di violenta bastonatura chi non ama il buono. In una città come Napoli dove vi è un'ottima e succulenta cucina chi non è buongustaio merita di morire bastonato violentemente. in napoletano TRUONO significa sia tuono che percosse violente.
Campania
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'A forca è fatta p''e puverielle.
Letteralmente: la forca è fatta per i poveri. Id est: nei rigori della legge vi incorrono solo i poveri, i ricchi trovano sempre il modo di scamparla. In senso storico, la locuzione rammenta però che la pena dell'impiccaggione era comminata ai poveri, mentre ai ricchi ed ai nobili era riservata la decapitazione o - in tempi più recenti - la fucilazione.
Campania
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Piglià vavia e metterse 'nguarnascione.
Letteralmente: prender bava e porsi in guarnaccia. Id est: assumere aria e contegno da arrogante; lo si dice soprattutto di coloro che, essendo assurti per mera sorte o casualità a piccoli posti di preminenza, si atteggiano ad altezzosi ed onniscienti,cercando di imporre agli altri il loro modo di veder le cose, se non la vita, laddove in realtà poggiano la loro albagia sul nulla.
Campania
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Darse 'e pizzeche 'ncopp' a' panza.
Letteralmente: darsi pizzichi sulla pancia. Id est: sopportare, rassegnarsi, far buon viso a cattivo gioco. E' il consiglio che si dà a chi ad una contrarietà sarebbe pronto a render la pariglia ed invece gli si consiglia di sopportare assestandosi dei pizzichi sulla pancia quasi che il dolore fisico che ne deriva servisse a lenire quello morale, in nome del quale ci si sentirebbe pronto a scatenare una guerra!
Campania
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'Ncopp' a 'o muorto se canta 'o miserere.
Letteralmente: sul morto si piange il miserere Id est: non bisogna precorrere i tempi, in ispece quelli delle lamentazioni che allora son lecite quando ci si trovi davanti al fatto compiuto del danno patito, mai prima.
Campania
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Bbuono pe scerià 'a ramma.
Letteralmente: buono per pulire le stoviglie di rame. Così in modo quasi rabbioso viene definito un frutto così aspro di sapore da non essere edibile, ma che può solo servire alla pulizia delle pentole di rame. Un tempo, quando non esistevano acciai inossidabili o allumini leggeri, le pentole erano in rame opportunamente ricoperte di stagno; per la loro pulizia e lucidatura ci si serviva di pietra pomice, arena 'e vitrera (sabbia da vetraio ricca di silice), e limoni con i quali si soffregavano le pentole fino a detergerle e addirittura farle luccicare. Per traslato, la locuzione in epigrafe si attaglia anche a chi è di carattere così aspro e spigoloso da non consentire ad alcuno di avervi rapporti.
Campania
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