Dialetto: Marche
A pulenta
‘Na pioggia durata, ‘na porvera fina, cascava a mucchietti da un pugno nodoso. Cascava a raggiate dusate a farina dendro un callà’ che fumava uduroso.
Bujiva cantanno, sbruffanno a pulenta, mentre cull’arte più antica a vergara a smuginava cun grazzia e sapienza, arzanno ‘gni tanto a mezz’aria a cucchiara.
‘Na porvera d’oro, un ricordo de sole! I bardasci cull’occhi sgranati, ‘ncantati, cu i nasi per aria frementi all’udore, gnottiva vujosi, ‘mpazzienti, ‘ffamati.
E comm’a ra fine dell’arcobaleno se dice che c’è pieno d’oro un callaro, a ra fine d’un giorno puretto e sereno su ra spianatora davant’a u vergaro,
c’era un miraculo d’oro fumante, che d’oro rrimpiva u stomico e u core, ‘na famija ‘ppagata che semplicemente, primma d’ogn’artro rennea grazzie a u Signore.
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Traduzione in italiano
La polenta
Una pioggia dorata, una polvere sottile cadeva a mucchietti da un pugno nodoso. Cadeva a spruzzi (come la pioggia) dosati la farina nel caldaio che bollendo mandava profumi.
Bolliva cantando, spruzzando, la polenta, mentre con l’arte più antica la matriarca la mescolava con grazia e sapienza, alzando ogni tanto a mezz’aria l’attrezzo (serviva per verificare il punto di cottura, quando la polenta si staccava senza lasciare traccia, la polenta era cotta)
Una polvere d’oro, un ricordo di sole! I bambini con gli occhi, spalancati, incantati, con i nasi in aria frementi per il profumo, inghiottivano vogliosi, impazienti, affamati.
E come alla fine dell’arcobaleno Si dice che c’è pieno d’oro un caldaio, alla fine di un giorno povero e sereno sulla spianatoia, (tavola di legno per stendere la polenta) davanti al patriarca,
c’era un miracolo d’oro fumante, che d’oro riempiva lo stomaco ed il cuore, una famiglia appagata che semplicemente prima di ogni altra cosa (di mangiare) rendeva grazie al Signore (si iniziava ogni pasto con il segno della croce).
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