Dialetto: Lazio
O scribbacchino
Lo chiaman Travet o Fantozzi, il meschino, ed il suo mestiere è lo scribacchino.
Lavora all’ufficio di previdenza, ma non dimostra una gran competenza a chi ha atteso in fila con tanta pazienza:
disoccupati, ammalati, pensionati, tutti egualmente malcapitati, con quell’inetto impiegato perfetto, senza rispetto e con poco intelletto.
Ti dice: “Li conti nun ll’ho fatti io!”, e pensa: “A fine mese li sòrdi io li pìo”.
Passa il suo tempo sì annoiato e stanco “ché a llavorà nun ce penza nemmanco,
manco co‘n carcio nér sedere”, neanche solo per dare a vedere che lo stipendio se lo guadagna (con meno sforzo d’una stupida cagna).
Che bella vita! Che bella cuccagna! “Mentre ér poraccio aspetta e nummàgna”.
“che strazio co’sta lagna! …finìmola e bbasta!” dice a sua moglie, che “butta” la pasta.
Pasta “rubata”, ma bene al dente, mangiata alla faccia dell’ignaro indigente.
(In "Giochi di riflessi" - Guerra Edizioni - Perugia 2001)
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Traduzione in italiano
Lo scribacchino
Lo chiaman Travet o Fantozzi, il meschino, ed il suo mestiere è lo scribacchino.
Lavora all’ufficio di previdenza, ma non dimostra una gran competenza a chi ha atteso in fila con tanta pazienza:
disoccupati, ammalati, pensionati, tutti egualmente malcapitati, con quell’inetto impiegato perfetto, senza rispetto e con poco intelletto.
Ti dice: “I conti nun li ho fatti io!”, e pensa: “A fine mese i soldi io li prendo”.
Passa il suo tempo sì annoiato e stanco “perché a lavorare non ci pensa neanche (per niente),
neanche con un calcio nel sedere”, neanche solo per dare a vedere che lo stipendio se lo guadagna (con meno sforzo d’una stupida cagna).
Che bella vita! Che bella cuccagna! “Mentre il poveraccio aspetta e non mangia”.
“che strazio con questa lagna! …finiamola e basta!” dice a sua moglie, che “butta” la pasta.
Pasta “rubata”, ma bene al dente, mangiata alla faccia dell’ignaro indigente.
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