Dialetto: Campania
'O destino
«E così, ti sei deciso!…»
«Si… nasco domani.»
Lachesi sorride, mesta. Come sempre.
Ti apre la porta di nebbia lassù, in un imprecisato punto lontano dell’universo. Tu salti, e inizi il lungo viaggio. Lei si sporge un pochino dall’uscio ed indugia, qualche istante, a vederti partire. Poi solerte rientra, sorridendo mesta: come sempre. Ed una breve, silenziosa preghiera, per te, le increspa appena le labbra vizze.
Ha il suo lavoro da fare, la vecchia. Il suo lavoro per te.
Chiama le sorelle, che s’avvicininino, poi scuote dolcemente 'o panariello d'a riffa. Noi gente di oggi lo chiameremmo “generatore di numeri casuali”, un cilindro ad una sola base, con diametro di 15 centimetri ed alto 5 sormontato da un tronco di cono da circa 17 e terminante con un foro; dentro, 90 numeretti disegnati in rosso su 90 dischetti in legno chiaro. Lachesi non sa di parole complicate; lei scuote dolcemente il suo cestino e ne trae un suono bizzarro, che sa un po’ di dolce, un po’ di pianto.
Dal foro viene fuori un dischetto di legno. La donna lo fissa appena un istante, poi lo passa alla sorella in attesa:
«25 – Natale». Si concentra, Cloto, e riflette. Poi, piano, cantilena. E nella sua voce tutto il peso di un destino che di gioia, o di morte, è comunque impietoso. Ogni parola, un macigno, ogni frase, una sentenza inappellabile: «Sei atteso con gioia, ed avrai ogni cura, sia pure in miseria. Avrai fame, ma ti sarà detto come vivere bene…avrai luce, avrai guida…»
Il suono del crepitacolo la ferma; c’è un numero nuovo. Lo prende: «77 – 'E cosce d'a signora». E riprende la nenia: «Andrai alla ricerca del bello, avrai desiderio del buono. Spenderai la tua vita per questo. Una vita d’amore, di forti interessi e passioni, ed in fondo…».
Non c’è tempo per proseguire nell’oracolo: «80 – 'E ccorse de' cavalle! … E’ un buon segno! Ci saranno traguardi raggiunti, e slanci generosi di vita… ed altri obiettivi… ma attento! “80” fanno pure le lettere… lettere strappate!…» Non può, Cloto, riflettere ancora:
«58 – 'A gatta ca chiagne!». Non cambia inflessione la voce spietata, non c’è rammarico o gioia nell’ineluttabile: «La tua parte di dolori non tarderà. Soffrirai, com’è dell’uomo soffrire, e vilmente piangerai sconsolato. Il dolore è più forte della gioia… e ti verrà…»
Un numero ancora: «23 – L’uva… L’uva secca, e 'o scemo». Dopo un attimo spiega: «L’uva sono i risultati, i frutti della tua vita. Ce ne saranno, perché l’uva c’è, non è caduta e non è marcita. Ma “23” è l’uva secca, perciò i tuoi frutti verranno dopo di te, che rimarrai a bocca asciutta, appunto come “lo scemo”, sempre il “23”, che ha faticato e non ha avuto nulla. Ti fosse capitato il “42” che è “l’uva sotto il pergolato”…»
Non può continuare, anche se forse ha detto quel che occorreva perché:
«Ferma!» -
Imperiosa, l’atroce voce di Atropo interrompe il vaticinio:
«25 – 77 – 80 – 58 – 23 – 'E mummere tuoi so' chist'... e nun c'è che ffa!»
La terza sorella, più vecchia e arcigna delle altre raccoglie i cique piccoli dischetti di legno, li raccoglie in un velo di tulle nero da legare con un tenue filo, il filo della tua vita, li confeziona come il sacchetto di confetti di un battesimo, che lancia nel vuoto dietro te che, laggiù, sei ormai quasi scomparso.
Così, co' panariello d'a riffa”, cinque numeri estratti e con la “Smorfia”, le tre Parche eterne stabbiliscen' 'a vita toia!
Lucio Musto 2 marzo 2005 parole 574
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Traduzione in italiano
Destino
«E così, ti sei deciso!…»
«Si… nasco domani.»
Lachesi sorride, mesta. Come sempre.
Ti apre la porta di nebbia lassù, in un imprecisato punto lontano dell’universo. Tu salti, e inizi il lungo viaggio. Lei si sporge un pochino dall’uscio ed indugia, qualche istante, a vederti partire. Poi solerte rientra, sorridendo mesta: come sempre. Ed una breve, silenziosa preghiera, per te, le increspa appena le labbra vizze.
Ha il suo lavoro da fare, la vecchia. Il suo lavoro per te.
Chiama le sorelle, che s’avvicininino, poi scuote dolcemente il suo strano cestino. Noi gente di oggi lo chiameremmo “generatore di numeri casuali”, un cilindro ad una sola base, con diametro di 15 centimetri ed alto 5 sormontato da un tronco di cono da circa 17 e terminante con un foro; dentro, 90 numeretti disegnati in rosso su 90 dischetti in legno chiaro. Lachesi non sa di parole complicate; lei scuote dolcemente il suo cestino e ne trae un suono bizzarro, che sa un po’ di dolce, un po’ di pianto.
Dal foro viene fuori un dischetto di legno. La donna lo fissa appena un istante, poi lo passa alla sorella in attesa:
«25 – Natale». Si concentra, Cloto, e riflette. Poi, piano, cantilena. E nella sua voce tutto il peso di un destino che di gioia, o di morte, è comunque impietoso. Ogni parola, un macigno, ogni frase, una sentenza inappellabile: «Sei atteso con gioia, ed avrai ogni cura, sia pure in miseria. Avrai fame, ma ti sarà detto come vivere bene…avrai luce, avrai guida…»
Il suono del crepitacolo la ferma; c’è un numero nuovo. Lo prende: «77 – Gambe di donna». E riprende la nenia: «Andrai alla ricerca del bello, avrai desiderio del buono. Spenderai la tua vita per questo. Una vita d’amore, di forti interessi e passioni, ed in fondo…».
Non c’è tempo per proseguire nell’oracolo: «80 – Le corse! … E’ un buon segno! Ci saranno traguardi raggiunti, e slanci generosi di vita… ed altri obiettivi… ma attento! “80” fanno pure le lettere… lettere strappate!…» Non può, Cloto, riflettere ancora:
«58 – Il gatto miagolante». Non cambia inflessione la voce spietata, non c’è rammarico o gioia nell’ineluttabile: «La tua parte di dolori non tarderà. Soffrirai, com’è dell’uomo soffrire, e vilmente piangerai sconsolato. Il dolore è più forte della gioia… e ti verrà…»
Un numero ancora: «23 – L’uva… L’uva secca, e lo scemo». Dopo un attimo spiega: «L’uva sono i risultati, i frutti della tua vita. Ce ne saranno, perché l’uva c’è, non è caduta e non è marcita. Ma “23” è l’uva secca, perciò i tuoi frutti verranno dopo di te, che rimarrai a bocca asciutta, appunto come “lo scemo”, sempre il “23”, che ha faticato e non ha avuto nulla. Ti fosse capitato il “42” che è “l’uva sotto il pergolato”…»
Non può continuare, anche se forse ha detto quel che occorreva perché:
«Ferma!» -
Imperiosa, l’atroce voce di Atropo interrompe il vaticinio:
«25 – 77 – 80 – 58 – 23 – I tuoi numeri sono questi, e non potrai cambiarli!»
La terza sorella, più vecchia e arcigna delle altre raccoglie i cique piccoli dischetti di legno, li raccoglie in un velo di tulle nero da legare con un tenue filo, il filo della tua vita, li confeziona come il sacchetto di confetti di un battesimo, che lancia nel vuoto dietro te che, laggiù, sei ormai quasi scomparso.
Così, col “cestello della tombola domestica”, cinque numeri estratti e con la “Smorfia”, le tre Parche eterne ti disegnano la vita.
Lucio Musto 2 marzo 2005 parole 574
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