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Marche
A pulenta
La polenta, anche nelle Marche, è stata per tanto tempo il cibo onnipresente sulle tavole povere delle grandi famiglie contadine e non: a pranzo, cena e, se ne avanzava, per la colazione del mattino seguente. Necessitava di una accurata, esperta e lunga preparazione. Era la vergara (la matriarca) che di solito si caricava della incombenza e pesava e dosava la farina con la stessa cura dell’orafo: ogni granello era un prezioso dono di Dio. E Dio veniva ringraziato prima di ogni pasto. Va detto, inoltre, che da noi la polenta viene fatta con una farina macinata molto finemente: il risultato è una crema di una certa consistenza che viene stesa sulla spianatoia (una grande tavola) ed ogni commensale attinge direttamente da questa.

Dialetto: Marche

A pulenta

‘Na pioggia durata, ‘na porvera fina,
cascava a mucchietti da un pugno nodoso.
Cascava a raggiate dusate a farina
dendro un callà’ che fumava uduroso.

Bujiva cantanno, sbruffanno a pulenta,
mentre cull’arte più antica a vergara
a smuginava cun grazzia e sapienza,
arzanno ‘gni tanto a mezz’aria a cucchiara.

‘Na porvera d’oro, un ricordo de sole!
I bardasci cull’occhi sgranati, ‘ncantati,
cu i nasi per aria frementi all’udore,
gnottiva vujosi, ‘mpazzienti, ‘ffamati.

E comm’a ra fine dell’arcobaleno
se dice che c’è pieno d’oro un callaro,
a ra fine d’un giorno puretto e sereno
su ra spianatora davant’a u vergaro,

c’era un miraculo d’oro fumante,
che d’oro rrimpiva u stomico e u core,
‘na famija ‘ppagata che semplicemente,
primma d’ogn’artro rennea grazzie a u Signore.

  Traduzione in italiano

La polenta

Una pioggia dorata, una polvere sottile
cadeva a mucchietti da un pugno nodoso.
Cadeva a spruzzi (come la pioggia) dosati la farina
nel caldaio che bollendo mandava profumi.

Bolliva cantando, spruzzando, la polenta,
mentre con l’arte più antica la matriarca
la mescolava con grazia e sapienza,
alzando ogni tanto a mezz’aria l’attrezzo (serviva per verificare il punto di cottura, quando la polenta si staccava senza lasciare traccia, la polenta era cotta)

Una polvere d’oro, un ricordo di sole!
I bambini con gli occhi, spalancati, incantati,
con i nasi in aria frementi per il profumo,
inghiottivano vogliosi, impazienti, affamati.

E come alla fine dell’arcobaleno
Si dice che c’è pieno d’oro un caldaio,
alla fine di un giorno povero e sereno
sulla spianatoia, (tavola di legno per stendere la polenta) davanti al patriarca,

c’era un miracolo d’oro fumante,
che d’oro riempiva lo stomaco ed il cuore,
una famiglia appagata che semplicemente
prima di ogni altra cosa (di mangiare) rendeva grazie al Signore (si iniziava ogni pasto con il segno della croce).



Poesia inviata da: Maria Teresa Bonifazi


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