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GLI ARTICOLI DI DIALETTANDO.COM:

PANCIA e dintorni
Viaggio "dentro" il Dialetto Napoletano & Dintorni.

Per il vero, non v’à molto da dire circa il termine in epigrafe, termine che in italiano non à molti sinonimi, limitandosi questi ultimi a ventre ed al più letterario ed antico epa; ugualmente il napoletano non à eccessivi sinonimi della voce di partenza che è appunto panza; le alternative napoletane a panza sono solo: bertula/vertula, pandòla, trippa, triobba/triòbbola/triòbbeca.
Esaminiamo comunque tutte le voci partendo da quelle italiane;
- pancia che à il suo corrispettivo dialettale in panza ed è forgiata sul latino pantice(m) indica essenzialmente il ventre, l’addome dell’uomo o della bestia, ed in senso figurato la parte centrale e tondeggiante di qualcosa: pancia del fiasco,pancia del vaso o ancora la forma tondeggiante di alcune lettere dell’alfabeto: la pancia della a, della p ;
- ventre parte cava del corpo dell'uomo o di un animale, contenente l'intestino, lo stomaco e altri visceri; anche, la parte esterna corrispondente; è forgiata sul latino ventre(m);
- epa antico e letterario modo di indicar la pancia con derivazione da un tardo lat. hìpar, che è dal gr. hêpar 'fegato'.
Liberatici così, sbrigativamente dell’ italiano, passiamo al napoletano cominciando da
- panza che, come facilmente si evince, è forgiata tal quale pancia sul latino pantice(m); e per la verità ancora si discute se la voce latina abbia prodotto dapprima quella partenopea che poi trasmigrando nell’italiano si sia addolcita passando da panza a pancia; a mio avviso è più probabile che il gruppo latino ti di panticem abbia prodotto la napoletana z di panza e questa si sia addolcita nella ci di pancia, piuttosto che il contrario e cioè che pantice(m) abbia dapprima generato pancia e questa si sia corrotta in panza.
Questo precisato rammenterò alcune espressioni napoletane che si legano alla voce panza:
- panza chiena e panza vacante id est: pancia piena e pancia vuota usate per indicare alternativamente chi sia satollo di cibo per aver mangiato a sufficienza, se non abbondantemente e, al contrario, chi digiuno abbia lo stomaco vuoto e sia perciò in preda ai morsi della fame; chiena agg. femm. di chino/chieno = pieno è dal latino plenu(m) con normale passaggio di pl>chi come in plaga>chiaia, plica>chieja; vacante= vuoto,insulso,insipiente che è dall’acc. del p.pr. vacante(m) del latino vacare;
- panza ‘e vierme letteralmente pancia di vermi, per indicare il trippone colui che abbia una pancia grossa e prominente,come se questa fosse infestata da un gran numero di grossi vermi e cioè da quella tenia che è un genere di vermi platelminti, di forma vagamente nastriforme, comprendente numerose specie parassite dell'uomo e di animali domestici: tenia comune, la più nota delle tenie, detta comunemente: verme solitario, Dal lat. taenia(m), dal gr. tainía, propr. 'benda, nastro';
- grattarse ‘a panza o starsene cu ‘e mmane ‘ncopp’ â panza grattarsi la pancia o starsene con le mani sulla pancia, id est: stare senza far nulla, oziare, poltrire; grattare/rse o anche rattà/arse etimologicamente dal francone kratton; cfr. il ted. kratzen grattare;
- abbuffà o ‘nturzà ‘a panza letteralmente gonfiare o render turgida la pancia; id est: ingravidare qualcuna; etimologicamente il verbo abbuffà che è gonfiare risulta essere un denominale da collegarsi al sostantivo latino bufo (rospo) con normale raddoppiamento popolare della effe; di talché abbuffà indicherebbe il gonfiare/rsi così come un rospo; alla medesima stregua il verbo ‘nturzà sta per render gonfio anzi duro e turgido giusta la sua etimologia latina che è dal verbo intursare = render (duro e turgido) come un torso, denominale del basso tursus per il classico tyrsus (torso);
- tené ‘a panza ‘nnanze che letteralmente è: avere la pancia avanti e questa che parrebbe una sciocca ovvietà (… non si è mai vista una pancia umana che non sia ubicata sul davanti del corpo!) è invece un’espressione colorita usata nei confronti di una donna incinta da molti mesi di modo che la sua pancia risulti ormai ben più turgida del normale e lieviti in alto verso la regione epigastrica ed è tale lievitazione che è resa furbescamente con l’ausilio dell’avverbio annanze che è dal lat. in + antea e letteralmente sta per davanti, ma qui (e solo qui!) – per estensione : verso l’alto;
- farsene ‘na panza o farsene ‘na panza tanta che è letteralmente: farsene una pancia oppure farsene una pancia tanto grande e cioè in ambedue i casi: farsene una scorpacciata, (deriv. di corpaccio, pegg. di corpo, nel sign. tosc. di ventre) - mangiarne ad iosa, abbondantemente ed ingordamente ; nella seconda espressione l’aggettivo tanta è accompagnato da un gesto indicante il lievitare ad libitum della pancia di colui che abbia mangiato tanto da sentirsene enfiati stomaco e/o pancia;
- metterse cu ‘a panza e cu ‘o penziero che è letteralmente: disporsi (a qualcosa) con la pancia ed il pensiero e cioè applicarsi (ad un’opera o progetto) con il corpo e con la mente, con solerzia ed attenzione;
- mettere panza = metter pancia cosa molto diversa dall’espressione precedente; questa a margine molto più prosaicamente attiene all’osservazione di chi (in ispecie uomo ) per l’eccessivo nutrirsi e il non dedicarsi ad attività motoria veda accrescere la propria pancia a dismisura;
-ommo ‘e panza = uomo di pancia è essenzialmente voce gergale malavitosa, pervenuta nel napoletano mutuandola dal gergo malavitoso siciliano, ed è usata per indicare in Sicilia il mafioso, qui il camorrista che però sappia mantenere un segreto o rispettare rigorosamente i codici malavitosi, una persona insomma di cui potersi assolutamente fidare aduso com’è a tenere tutto serrato nella pancia;
- tené ‘a panza azzeccata cu ‘e rine = letteralmente aver la pancia incollata alla schiena; iperbolica espressione usata per indicare chi sia così tanto magro o affamato da aver la pancia addirittura vuota di intestini e perciò intimamente unita alla schiena; azzeccata p.p. femm. del verbo azzeccà che come significato primo à: colpire nel segno, centrare, indovinare (ed in tal senso è dal tedesco zeken= menare un colpo), ma qui signica unire strettamente, incollare, attaccare (e questa accezione sembra sia da collegarsi all’arabo zêg).rine=i reni, ma qui la schiena, la parte del busto che insiste sui reni; dall’ acc. latino rene(m); da notare la metafonia tra il singolare ‘o rene ed il plur. ‘e rine;
- nun tené né panza, né stentine: non aver pancia né intestini. Iperbolica espressione con la quale in senso letterale si suole indicare chi è così magro da poterlo ritener privo di pancia ed addirittura di pacco intestinale; nella valenza traslata l'espressione si attaglia invece a tutti i vigliacchi,a tutti coloro che son privi di coraggio .stentine = intestini e come questa parola derivante dal latino intestinu(m), deriv. dell'avv. i°ntus 'dentro, nel napoletano stentino si avverte la forma metatica.
Esaurita la fraseologia con la voce panza, dedichiamoci all’illustrazione dei suoi sinonimi cominciando da
- bertula/vertula: il significato primo di vertula o bertula (è normale nel napoletano l’alternanza v/b) è bisaccia di pelle; questa bisaccia quando sia riempita si gonfia assumendo una forma tondeggiante simile ad un dipresso ad una pancia gonfia; rammenterò che la vertula (etimologicamente dal basso latino averta = bisaccia) fu usata, corredata da lunghi manici con i quali era possibile farla roteare, dai pastori quale arma di difesa/offesa contro i predatori (uomini o bestie) che assalissero le greggi; da tale uso improprio, ma efficace, si trasse il termine vertulina= grande bastonatura inferta originariamente con la vertula e poi con altri mezzi contundenti; a margine di quanto detto rammenterò che in napoletano la parola vèrtula, usata al plurale ‘e vèrtule, sta ad indicare, in senso furbesco e giocoso i seni grossi e cadenti di una donna anziana; pandòla: letteralmente ed in primis mandòla, poi estensivamente pancia, tenendo presente la forma della cassa armonica della mandòla prominente e convessa così come la pancia; la voce pandòla che si ritrova anche come pandòra o pandúra, quantunque sia pervenuta al napoletano dal latino pandura mutuato a sua volta da un tardo greco pandoýra, pare che sia voce di origine assira indicante appunto uno strumento musicale simile alla mandòla, quantunque non ligneo, bensì di rame, a tre corde, simile ad un liuto;una divertente curiosità è che nel napoletano il termine pandòla è usato per indicare – come ò detto – la prominenza anteriore del corpo umano (pancia) sia maschile che femminile, mentre la prominenza posteriore (sedere,) del corpo umano, specialmente femminile è indicata in napoletano (accanto ad altri termini pur essi musicali, quali chitarrino), col termine pandulino (mandolino) diminutivo maschilizzato della pregressa pandòla, usato tenendo appunto presente la forma similare del mandolino con talune aggraziate rotondità posteriori femminili;
- trippa, la voce a margine che appartiene anche alla lingua nazionale, sebbene più spesso, in forma plurale: le trippe, indica lo stomaco (omaso, abomaso e rumine) e gli intestini delle grosse bestie bovine macellate; come già illustrai altrove in napoletano la trippa è voce che oltre ad indicare lo stomaco di bovino macellato, stomaco che, ridotto in strisce sottili e preparato in vari modi, costituisce una vivanda tradizionale di tutta la cucina italiana: trippa e patate; trippa alla romana, alla fiorentina, a Napoli: ‘a mariscialla (gustosa zuppa(vedi alibi) di brodo e frattraglie lessate), indica con linguaggio familiare o scherzoso la pancia, il ventre di una persona; per ciò che attiene l’etimologia della parola, non v’è identità di vedute; taluno si trincera dietro un pilatesco etimo incerto,qualche altro propende, ma senza convincermi per una culla araba: tarb= omento; più perseguibile mi appare la strada che la fa derivare, specialmente nel significato di pancia, ventre, da un ant. tedesco treiben= porto innanzi;
triobba e le derivate triòbbola e triòbbeca: con la voce a margine si torna alle similitudini musicali o dei mezzi di asporto; in effetti la voce triobba risulta essere forma metatica con raddoppiamento consonantico popolare di tiorba che, con derivazione dal turco torba (bisaccia), indicò dapprima un sacco da viaggio, ed in seguito il colascione (uno strumento musicale in tutto simile ad un liuto a 10 corde (etimologicamente nel napoletano dallo spagnolo colachón che è dal greco: kalatos=paniere) strumento un po’ differente dal primitivo colascione che aveva solo due o tre corde; questo a dieci corde, detta tiorba fu suonato con l’ausilio di una grossa penna tonda di cuoio detta taccone e s’ebbe la rinomata tiorba a taccone , strumento musicale d’accompagnamento, quasi antesignano del basso; rammenterò che la tiorba a taccone fu il titolo di una raccolta di sonetti e canzoni in dialetto napoletano che venne per la prima volta pubblicata, vivente l'autore Filippo Sgruttendio de Scafate (pseudonimo di un prolifico, ma non mai esattamente identificato poeta partenopeo, sui cui scrissero B.Croce, F. Russo ,F. Nicolini e molti altri) nel 1646. Alla forma della cassa armonica della tiorba fu paragonata quella di una pancia prominente che divenne (per metatesi e raddoppiamento ) triobba e poi con il suffisso diminutivo latino (olus/ola) triòbbola, donde per corruzione della lingua parlata triòbbeca; sia triobba che triòbbola o triòbbeca furono usati per significare una pancia, segnatamente maschile eccessivamente gonfia o prominente.


Raffaele Bracale - Napoli


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