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GLI ARTICOLI DI DIALETTANDO.COM:

La Grafia del Dialetto Torrese - L'Ottava vocale
Come si scrive nel dialetto di Torre del Greco

La scala fonetica delle vocali della parlata torrese comprende otto suoni vocalici e non sette come per la scala vocalica italiana e napoletana. La fondamentale è la /à/, la vocale più aperta e centrale. La progressione è la seguente:

i

 

 

 

 

 

 

u

 

é

 

 

 

 

ó

 

 

 

è

 

 

ò

 

 

 

 

 

à

ä

 

 

 


 

-i-,   -é-,   -è-,   -à-,   -ä-,   -ò-,   -ó-,   -u-.

Le vocali estreme, -i-, -u-, sono deboli. Tutte le altre sono forti.

Nella scala fonetica delle vocali, la fondamentale è la /a/. 

Attraverso crescenti interventi articolatori della bocca si hanno le varietà “anteriori” (da /a/ verso /e/ e poi /i/), e “posteriori” (da /a/ verso /ä/ e poi /o/ e /u/), con successive chiusure. 

La pronuncia della vocale /a/ può essere di due tipi:

*aperta come in a càsa, a màmma, a sàcca,

*oppure chiusa come in u säcco, u cärro

Per la rappresentazione fonetica indicheremo questa variante chiusa col simbolo /ä/. Nella simbologia dell’Associazione fonetica internazionale, questo suono è rappresentato dal simbolo [ə]. ). In inglese corrisponde alla pronuncia della lettera /ar/ di sugar, oppure /er/ di mother, ecc.

Questa particolare pronuncia chiusa della /ä/ non si riscontra nell’alfabeto italiano ed è poco comune anche nella lingua napoletana, ma non nelle parlate della provincia. Si ottiene impostando la bocca per la pronuncia di /a/ e chiudendola leggermente, verso la pronuncia di /o/. Qualcuno arriva anche a pronunciare la /o/ (vieni accà, pronunciato vieni accò.

Da notare che la /a/ nelle parole di genere femminile è normalmente aperta:  a càsa, a sàcca, a scafaréa. E' chiusa nelle parole di genere maschile: u tärälläro, u märenäro. La trasformazione da aperta a chiusa costituisce elemento di distinzione tra femminile e maschile:  A bancarella, u bäncäriello, – a carosa, u cäruso; a pazza, u päzzo.

*Nel corpo della parola raramente la /a/ è muta.

*In fine di parola è muta, a cas(a) ma non quando è seguita da consonante a casa nost(a).

La vocale -ä- , pronuncia chiusa, (tra la -a- e la -ò-) diversa dalla -a- aperta, si ritrova nella lingua (o dialetto) torrese come suono distintivo di variazioni grammaticali.

La variante fonica della -ä- può avere valore sia nella distinzione di alcune parole di significato diverso, sia nella variazione del genere femminile/maschile e singolare plurale ed anche nella coniugazione verbale. In sostanza la -ä- chiusa o grave non costituisce, come spesso ritenuto, una corruzione popolare e paesano della pronuncia ma un vero e proprio mezzo di distinzione. Per noi ragazzi di vasciammare a Torre, i napoletani erano quelli che parlavano a bocca aperta. Napulitaaa, mangiapataaa. (Razzismo strapaesano). Alcuni esempi serviranno a illustrare il concetto.

I due vocaboli sacca e sacco, (tasca e sacco) per la pronuncia indistinta delle vocali -a- ed -o- finali, risulterebbero distinguibili solo se in presenza di articolo (u sacco, a sacca) oppure dal contesto del discorso. Il torrese pronuncia diversamente la -a-, per cui il sacco suona säcc(o) e la tasca suona sacc(a). Lo stesso discorso vale per mazza e mäzzo (bastone e sedere), pacca e päcco, bancarella, con tutte le -a- aperte e bäncäriello, dove la chiusura si estende a tutte le -a- della parola.

L’origine di questo fenomeno potrebbe ricercarsi nella presenza dell’articolo -u-, anticamente -lu-, vocale chiusa, pronunciata a bocca anteriormente chiusa, il che condizionerebbe la pronuncia chiusa della -ä- successiva. Così la presenza dell’articolo femminile -a-, vocale aperta che richiede l’apertura della bocca, lasciandola aperta per la pronuncia successiva. Queste sono illazioni da dimostrare, anche perché il napoletano dice ‘o sacco ed anche nu sacco, -a- aperta, nonostante la presenza della -u- di nu.

La presenza della “u” quale determinante della “ä” chiusa è in contrasto però con alcune parole maschili che hanno pronuncia aperta. U cane, u ppane,u pate, u frate, u bar, u ccafè ecc.

Pertanto possiamo ricondurre la variante /ä/ ad un vero fenomeno di metafonia (Alterazione di una vocale sotto l'influenza di una vocale seguente normalmente finale di parola), presente quando la desinenza finale è la /o/ oppure la /i/ ed assente con le desinenze /a/ ed /e/.

A questo proposito si noti che quelle parole che conservano la “a” aperta al singolare, la richiedono chiusa al plurale. U cane, i cäni; u pate, i päti; u frate, i fräti. Questa trasformazione grammaticale metafonetica suggerisce, anzi pretende, la grafia storica del napoletano, con la “i” finale, suono indistinto per il plurale, e anche nella coniugazione dei verbi, ove occorre. Spesso leggo “e” finale di parole, quando il suono è indistinto, a prescindere dalla esatta derivazione grammaticale.

Ancora noto differenza di pronuncia, distintive di significati diversi per u banco, il banco di scuola e u bänco, quale banco di lavoro da cui bäncone, Bänco ‘i Napule e bäncäriello.

Lo stesso fenomeno si riscontra nel passaggio femminile/maschile. Bianco è jänco al maschile e janca al femminile. E così chiätto e chiatta, päzzo e pazza, ncazzäto e ncazzata, sfunnäto e sfunnata e tutti i participi aggettivati.

Per quanto attiene alla coniugazione dei verbi, si noti che per i verbi della prima coniugazione, desinenza -are- l’elisione di -re- che comporta l’accentazione fonica (apostrofo) della -a- finale, presenta già la pronuncia in -ä-: Truvä’ mangiä’, parlä’, ecc. Quando il verbo è sostantivato, anche le altre -a- della parola si chiudono in -ä-. U ppärlä’, u mmängiä’, per la presenza (forse) dell’articolo -u-.

Prendiamo in esame la coniugazione del presente indicativo del verbo parlare. Io parlo, -a- aperta. Tu pärli, -ä- chiusa. Isso parla, ancora -a- aperta. Nuje parlammo, vuje pärläte, loro parlano. La seconda persona singolare potrebbe essere influenzata dalla presenza di -u- del pronome tu. Non è chiaro però il perché la prima e la seconda plurale siano diverse, dopo la presenza di nuje e vuje che hanno le stesse vocali. Forse l’influenza è da ricercarsi solo nelle desinenze verbali, come fenomeno di metafonia, così come avviene nei verbi in -ere- della seconda coniugazione (io coso, tu cusi ecc.).

In conclusione ritengo che lo studio di questo fenomeno possa avere un certo interesse, come evoluzione del parlare napoletano e non quale retrocessione popolare e provinciale dello stesso. Pertanto passo la palla a chi se ne intende.


Formulazione che si propone

Italiano

il

la

i

le

Napoletano

'o

'a

'e

'e

Torrese:

u

a

i

i



Salvatore Argenziano


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