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I proverbi della regione Campania
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Ricerche avanzate

‘E COSCE ‘E RONNA
La traduzione letterale dell’epigrafe suona, o suonerebbe: cosce di donna; ho usato il condizionale perché in napoletano la parola donna è resa con : femmena e non con ronna. Con l’espressione infatti non si indicano le cosce delle donne, quanto un particolare tipo di pere presenti nei mercati ortofrutticoli napoletani, pere – d’altronde – non particolarmente polpute, tali da richiamare alla mente le cosce prosperose di una donna; Chiariamo il mistero: l’espressione napoletana: cosce ‘e ronna, altro non è che la corruzione del francese CLOCHE de ROUEN id est: campane di Rouen, in quanto la pera così chiamata ha la forma di una campanella e poiché tale pera proviena dalla zona francese di Rouen, è detta cloche de Rouen ed in napoletano: cosce ‘e ronna!
Campania


Refonnerce tierze* e capitale.
Ad litteram: rimmetterci interessi e capitale. Espressione usata ad amaro commento di azioni così palesamente errate o controproducenti che possono determinare, con il loro insuccesso, grave nocumento quale quello di veder persi gli attesi interessi, che non vengon lucrati ed il capitale inutilmente fornito per procurarseli. *con la parola tierze, plurale di tierzo, si intendono gli interessi che un tempo venivano pagati tre volte all'anno ogni quadrimestre (tierzo).
Campania


Fà n'acciso e 'nu 'mpiso.
Ad litteram: fare un ucciso ed un impiccato. L'espressione in epigrafe a Napoli, è la dichiarazione di intenti di colui che è disposto a tenere un comportamento altamente minaccioso e violento al segno di esser disposto persino a sopportare tutte le conseguenze derivanti da quel comportamento; nella fattispecie chi pronunziasse la frase in epigrafe dichiarerebbe di esser pronto addirittura all'omicidio, sopportando poi la pena dell'impiccagione, pena che nel 16^ secolo era quella comminata all'omicida.
Campania


'A sotto p''e chiancarelle.
Ad litteram: Di sotto a causa dei penconcelli ma a senso: Attenti alla caduta dei panconcelli!E per traslato: Accidenti, cosa è successo! o cosa sta per succedere! Locuzione con la quale si suole commentare tutti gli avvenimenti risultati o gravosi o pericolosi nel loro evolvere; essa prende l’avvio dal grido di avvertimento che erano soliti lanciare gli operai addetti alla demolizione di vecchi fabbricati affinché chi si trovasse a passare ponesse attenzione all’eventuale caduta dall’alto dei dissestati panconcelli: strette doghe di stagionato castagno, doghe che poste trasversalmente sulle travi portanti sorreggevano l’impiantito dei solai.
Campania


All' anema d''a palla!
Letteralmente: All’anima della palla!(E cioè: che grossa sciocchezza!) Espressione esclamativa con cui si usa commentare allorché ci vengono riferiti accadimenti o cose così incredibili o palesamente falsi da farli ritenere essere la quintessenza delle sciocchezze, paragonabili solo ad un sesquipedale contenitore sferico fatto di aria e contenente aria...
Campania


E' gghiuta 'a fessa 'mmano a Nunziella, 'a lanterna 'mmano a 'e cecate, 'a carta 'e musica 'mmano a 'e barbiere!
Letteralmente: La vulva è finita in mano a Nunziatina (bambina), la lanterna in mano ai ciechi, la carta da musica in mano ai barbieri. Icastica espressione napoletana pronunciata a sapido commento di avvenimenti che non vanno o non sono andati per il verso giusto, avvenimenti nei quali si è dato credito a chi non lo meritava affidandogli incombenze o fornendolo di mezzi di cui non sia o sia stato capace di fare buon uso; nella fattispecie il sesso è cosa da riservare agli adulti e non ai bambini, la lanterna è utile al vedente ed inutile posta nelle mani dei ciechi; infine una partitura musicale è sprecata nelle mani dei barbieri che, notoriamente, non conoscono la musica ed al massimo sono degli orecchianti.
Campania


Ddoje femmene e 'na papera arrevutajeno Napule.
Ad litteram: Due donne ed un'oca misero a soqquadro Napoli. Uno dei consueti motti antimuliebri dell' antica cultura partenopea, motto nel quale si pogono in ridicolo le donne ritenute così eccessivamente rumorose e/o ciarliere al segno che bastano due donne ed una starnazzante oca per scatenare un putiferio che può giungere addirittura a coinvolgere un'intera città.
Campania


O chesto, o cheste.
Ad litteram: o questo, o queste.La locuzione viene profferita, a Napoli quando si voglia schernire qualcuno con riferimento alla sua ottima posizione economica-finanziaria; alle parole devono essere accompagnati però precisi gesti: e cioè: pronunciando la parola chesto (questo) bisogna far sfarfallare le dita tese delle mano destra con moto rotatorio principiando dal dito mignolo e terminando col pollice nel gesto significante il rubare; pronunciando la parola cheste (queste) bisogna atteggiare la mano ds. a mo' di corna, per significare complessivamente che le fortune di chi è preso in giro sono state procurate o con il furto o con le disonorevoli azioni della di lui moglie, figlia, o sorella, inclini e pronte a farsi possedere da chiunque per danaro.
Campania


Fà alizze e crucelle.
Ad litteram: fare sbadigli e crocette. Id est: consigliare di segnare con una crocetta la bocca mentre si sbadiglia. È risaputo che per norma di galateo, se si sbadiglia occorre coprirsi la bocca con la mano, ma tale norma viene di lontano allorché - come ricordato dall’espressione in iepigrafe - in caso di sbadiglio occorreva segnare ripetutamente la bocca con segni di croci usate a mo’ di protezione acciocché gli spiriti maligni non entrassero nella bocca spalancata; la faccenda è diventata poi una norma di galateo ma la sostanza del gesto è rimasta anche se ammantata di buona creanza.
Campania


Fà acqua 'a pippa.
Letteralmente: la pipa fa acqua; id est: la miseria incombe, ci si trova in grandi ristrettezze.Icastica espressione con la quale si suole sottolineare lo stato di grande miseria in cui versa chi sia il titolare di questa pipa che fa acqua. Sgombro subito il campo da facili equivoci: con la locuzione in epigrafe la pipa, strumento atto a contenere il tabacco per fumarlo, non ha nulla da vedere; qualcuno si ostina però a vedervi un nesso e rammentando che quando a causa di un cattivo tiraggio, la pipa inumidisce il tabacco acceso impedendogli di bruciare compiutamente, asserisce che si potrebbe affermare che la pipa faccia acqua. Altri ritengono invece che la pipa in questione è quella piccola botticella spagnola nella quale si conservano i liquori, botticella che se contenesse acqua starebbe ad indicare che il proprietario della menzionata pipa sarebbe così povero, da non poter conservare costosi liquori, ma solo economica acqua. Mio avviso è che la pippa in epigrafe sia qualcosa di molto meno casto e della pipa del fumatore, e di quella del beone spagnolo e stia ad indicare, molto più prosaicamente il membro maschile che laddove, per sopravvenuti problemi legati a l'età o ad altri gravi malanni non fosse più in grado di spager seme si dovrebbe contentare di spargere acqua seu i liquidi scarti renali, dimostrando in tal modo la sopravvenuta miseria se non pecuniaria, certamente funzionale.
Campania


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