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GLI ARTICOLI DI DIALETTANDO.COM:

La Grafia del Dialetto Torrese - Gli Articoli
Come si scrive il dialetto di Torre del Greco

La Grafia del dialetto torrese.
Gli Articoli.
Il proposito iniziale nell’affrontare il problema della scrittura in dialetto torrese è di fare riferimento alla Grammatica della Lingua Napoletana, oggi ben codificata per la grafia. Quanto sopra mi è stato anche consigliato da eminenti studiosi del Napoletano, quali sono Luigi Imperatore e Francesco D’Ascoli. Ho accettato con riconoscenza e buona volontà i suggerimenti che mi venivano da chi si dedica da una vita alla problematica dello scrivere e parlare napoletano ma, per la grafia degli articoli, qualcosa mi ha frenato. Nell’eseguire un confronto tra gli articoli italiani, napoletani e torresi, questi ultimi redatti in analogia a quelli napoletani, come consigliatomi, mi è parso notare qualche incongruenza e ho ritenuto opportuno approfondire l’argomento.
La visione degli articoli allineati in tabella, evidenzia la identità del maschile plurale italiano -i- e di quello torrese -i-, figli dello stesso antico -li-, la qual cosa non sussiste con il napoletano -‘e-.
 

Ipotesi iniziale
 

Italiano

il

la

i

le

Napoletano

'o

'a

'e

'e

Torrese?:

'u

'a

'i

'i

Tra i problemi di una perfetta grafia della lingua napoletana c’è sempre stato quello delle aferesi e degli apostrofi, La riduzione al minimo di questi segni, in particolare del segno di aferesi, quando conseguenza di un logico e convincente ragionamento, costituirebbe una notevole semplificazione nella scrittura in genere e, in particolare, a mezzo di computer. L’elencazione alfabetica automatica di vocaboli risulta falsata quando il termine contiene il segno di aferesi.
Accogliere l’analogia con l’italiano dell’articolo -i-, che non presenta aferesi, e non con il napoletano -‘e-, potrebbe significare tradire la madre lingua per la consorella toscana.
Ma il napoletano è veramente madre lingua del torrese oppure sono sorelle della stessa antica lingua campana? Il torrese è la corruzione provinciale del napoletano oppure è la stessa lingua originaria che non ha avuto l’evoluzione cittadina? Si apre qui uno studio troppo profondo per le mie cognizioni e mi limiterò a porne l’ipotesi e le premesse, limitatamente alla ricerca sugli articoli.

Articolo maschile singolare.

La derivazione è dal latino ille illa illud. Il professore Nicola De Blasi nel prezioso per me libro “Il napoletano scritto e parlato”, opera di De Blasi e Luigi Imperatore, parla di testi del trecento nei quali compare la forma -lu-. Nel cinquecento e anche in seguito tale forma si trova spesso, in particolare nella poesia popolare, (Fenesta ca lucive, 1500): S'affaccia la surella e me lu dice, E 'nnargentava la terra e lu mare. (Muttietti a fronna ‘i limone): S'è butato lu masto de la fera, - Mo ce ne iammo a lu lietto galante - Lu vientoabenta, e i' n'abento maie. 'Mmiez'a lu mare vurria i' a natare. (Villanella del 1545): passai lu tiempo ca Berta filava. (La zita, isola d’Ischia): se mangiaje lu picciungino. (Canto popolare di Procida): 'I' quant'è bella l'aria de lu mare. (La celebre ballata del guarracino): Lu Guarracinoche gghieva pe' mare. Questa forma -lu- si ritrova frequentemente nei recuperi poetici popolari di Roberto De Simone e io non ho motivi per non accettarla quale autentica della parlata antica.
Infatti questi documenti hanno la caratteristica comune di essere mottetti, villanelle, ballate e canzoni popolari. Ciò mi lascia supporre che nella lingua parlata fosse comune il -lu-, specie nella provincia, e che nel linguaggio scritto fosse stata adottata la forma -lo-, in analogia alla lingua dotta italiana. Lo stesso avvenne per l’articolo indeterminativo -nu-, divenuto -no- in letteratura ma tornato -nu- in seguito.
Ma se a Napoli l’articolo maschile singolare prende la fonia -lo-, poi contratta in -‘o-, certamente non saranno state le letture di testi letterari a influenzare la parlata popolare. Una ipotesi, forse azzardata, potrebbe essere quella della tendenza all’apertura vocalica dei napoletani. Infatti la -u- di -lu- retrocede verso la -o-, di -lo-, e quindi -‘o-. Al plurale maschile la -i- di -li- retrocede verso la -e- di -le-, e quindi -‘e-, con la conseguenza che l’articolo plurale maschile -‘e-, sembra avere una inspiegabile discendenza femminile. Questa tendenza all’apertura vocalica è stata già riscontrata nella scomparsa dalla parlata napoletana della -á- chiusa, (accento acuto), presente ancora nella parlata torrese con funzione grammaticale (Vedi: Ä. L’ottava vocale dell’alfabeto torrese). Quindi la -u-, torrese e campana in generale, non sarebbe una corruzione provinciale dal napoletano -‘o- ma la forma parlata più antica dell’articolo singolare maschile.
Seguire, quindi, un modello napoletano di grafia per il dialetto torrese mi sembra più che corretto ma non fino alla estrema conseguenze di accettare senza esame critico quelle complicazioni grafiche derivate alla sorella lingua napoletana in conseguenza di trasformazioni fonetiche che il torrese non ha avuto. Sarà bene, allora, dare un occhio al napoletano e l’altro all’italiano.

Articolo maschile e femminile plurale.

Alcune citazioni dalla letteratura. (Fenesta ca lucive, 1500): Mo' duorme cu' li muort'accumpagnata. L'aucelluzze cu' li ppalummelle. (Velardiniello, 1500): poi gévano ad affrontar li mammalucchi. . (Villanella del 1500): Li 'ffigliole che n'hanno ammore. (G.C.Cortese, 1600): li sischet'averriano scervellato (Leonardo Vinci, 1700): Songo li femmene. (Canto antirivoluzionario del 1799): A lu suono de campane / viva viva li pupulane.
La letteratura documenta la forma -li-, adottata nella lingua italiana e dagli scrittori napoletani, per secoli, indifferentemente per il maschile (limammalucchii) e il femminile (li ffemmene). Da -li-, per aferesi si passa a -i-, senza alcun segno grafico a ricordare la perdita della elle, nella lingua italiana, solo per il maschile. Nel dialetto torrese -i- per maschile e femminile. (Ricordiamo che, quasi sempre, la differenziazione del femminile plurale si ottiene con il raddoppio della consonante iniziale).
In conclusione credo che lo stesso possa ben dirsi per il torrese e adottare la forma -i- senza segno grafico di aferesi, cosiddetto apostrofo iniziale, sia per il maschile che per il femminile.
Giunti a questo punto mi sembra, almeno in prima istanza, proponibile una ipotesi di scrittura degli altri articoli in torrese senza i segni di aferesi iniziali, anche per la insussistenza della confusione tra le vocali con significato di articolo -a-, -u-, -i-, (confusione possibile solo per la -a- articolo e la -a- preposizione ma l’inequivocabile significato si evince dal contesto del discorso), e non seguire l’esempio della grafia storica napoletana -‘a-, -‘o-, -‘e- che, purtroppo per gli scrittori napoletani, presenta più possibilità di confusione con altri significati dei termini.
In tale ipotesi si evitano i doppi segni contigui di apostrofo e aferesi di cui è piena la letteratura napoletana quando si scontra con le preposizioni articolate. (Esempio: -p’ ‘e-, -p’ ‘a-, -d’ ‘a-, -d’ ‘o-, ecc. Faccio notare che per avere segni diversi di apostrofo e aferesi ho dovuto dare uno spazio dopo l’apostrofo tra la -p’- e la -‘e-. In caso contrario avrei avuto -p’’e-, con segno identico per apostrofo e aferesi. Ma lasciare uno spazio dopo l’apostrofo è decisamente scorretto).

Formulazione che si propone

 

Italiano

il

la

i

le

Napoletano

'o

'a

'e

'e

Torrese:

u

a

i

i



Salvatore Argenziano


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